Opera Padre Marella

Altre testimonianze

Testimonianze

Per prima cosa per noi bolognesi è stato un padre.
Chi non ricorda negli anni negli anni 50/60 questa forte e dolce figura in via Orefici all’angolo con Tamburini, seduto con il suo cappello in mano, un cappello che non era mai vuoto, un cappello che aiutava tutti, piccoli, grandi e vecchi. Chiunque bussasse alla sua casa era accolto con amore, un desco e un tetto non era mai rifiutato. La sua vita passata nella carità. Da bambina quando passavo lo salutavo e se mi rimaneva uno spicciolo dalla merenda lo posavo nel suo cappello e grande era lo sguardo che mi rivolgeva e che mi stringeva il cuore. Da anni c’è chi è impegnato nel riconoscimento della sua beatificazione ma per noi bolognesi padre Marella è già santo nel nostro cuore.

Quando passava per le vie cittadine pigiando sui pedali della sua gloriosa bicicletta carica di pacchi, sporte e borse di ogni genere, ormai tutti lo conoscevano e lo salutavano con ampi gesti, con parole cortesi e benauguranti: “Buon giorno Padre! Buona questua”. Non era sempre stato così. Quando si mise per la prima volta ritto in Via Orefici, con il cappello in mano, in atto di chiedere l’elemosina, le frasi che gli lanciavano i passanti erano di ben altro tenore. Poteva infatti essere scambiato per un barbone, ma lui sfidò quegli insulti, rimase immobile come una statua: capo chino e cappello in mano. Tanto che ancora oggi l’immagine che molti hanno di lui è ancora così: pensoso, con il cappello rivolto ai passanti in atteggiamento di chi chiede l’elemosina. Quell’uomo così mite, buono e generoso e così noto a tutti i bolognesi si chiamava Padre Olinto Marella.

ANGOLO PADRE MARELLA

Tutti i bolognesi lo conoscono: L’angolo di Padre Marella.
La storia di don Olinto Marella sacerdote e cattedratico bolognese che lascia gli onori del mondo accademico per mettersi dalla parte degli ultimi del suo tempo e della sua città: i bambini orfani del dopoguerra.
In questo angolo all’ingresso delle centralissime stradine del mercato di mezzo, proprio davanti alle vetrine di una delle gastronomie più rinomate e più care della città, stava don Olinto ogni giorno con il cappello in mano a chiedere l’elemosina per i suoi ragazzi. Gli piovvero addosso critiche da ogni parte, soprattutto dalla sua. Ma i suoi ragazzi mangiavano e si costruivano un futuro. E tutto continua ancora oggi.

“PADRE MARELLA MI SALVO’ DAI NAZISTI”

Padre Elia facchini: “Suor Caterina Elkan mi disse di aver visto don Olinto nella notte del ’43 a Decima di Persiceto e che , grazie a lui, scampò a morte sicura. ma il giorno dopo scoprì che il padre non si era mosso da Bologna. Saremmo di fronte a un caso di bilocazione”

Arrivò in bicicletta a Decima di Persiceto, di notte, sotto una pioggia battente. Appena in tempo per gridare a suor Caterina Elkan di scappare. La religiosa, ebrea di origine e madre dell’onorevole Giovanni Elkan partorito prima di convertirsi e consacrarsi a Dio, stava per salire su un auto delle Ss, ignara di essere condotta nei campi di concentramento. Si salvò proprio grazie all’intervento di padre Olinto Marella e, il giorno dopo, telefonò in convento per ringraziare il francescano, ma ebbe una sorpresa, a dir poco straordinaria. I religiosi che le risposero al telefono comunicarono che era impossibile che lei avesse visto don Marella a Decima: secondo la loro testimonianza, infatti, padre Olinto aveva passato tutta la notte in loro compagnia, senza muoversi da Bologna. Come poteva essere contemporaneamente a Bologna e a pochi chilometri da Ferrara?
L’episodio, avvenuto nel 1943, inedito e di presunta bilocazione di quella che resta la figura simbolo della carità della Chiesa bolognese nei confronti dei poveri, è stato raccontato l’altra sera, da padre Elia Facchini, postulatore della causa di beatificazione di don Marella. L’occasione è stata offerta dalla presentazione in cappella Farnese del libro ‘Il Vangelo della carità’, dedicato a padre Olinto, a 40 anni dalla sua morte. “Questo fatto – spiega il postulatore – è la dimostrazione di quanto sia stato straordinario don Marella. Ma, dall’altra parte, quando accettai l’incarico nel 1994, il cardinale Giacomo Biffi me l’aveva detto: ‘Mettiti al lavoro, perché qui c’è qualcosa di grosso. Se è stata una persona santa salterà fuori, se fu un uomo eccezionale, verrà a galla’”.